Buona Pasqua 2020

Buona Pasqua 2020


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A tutti i nostri associati, amici e collaboratori desideriamo far giungere i nostri migliori auguri di buona Pasqua. Stiamo vivendo, chi più chi meno, giorni difficili, dolorosi con mutamenti, se non stravolgimenti, improvvisi del nostro quotidiano. Difficile, per me, trovare parole che non suonino scontate. 
La Domenica della Palme ho seguito in televisione la Messa del Papa in una Basilica di S. Pietro completamente vuota, con la presenza unicamente di persone indispensabili al rito che si andava a celebrare. Prendo a prestito, come augurio, le parole finali dell’omelia di papa Francesco dove si rivolge in modo particolare ai giovani. Molti, infatti, dei nostri associati e più preziosi collaboratori e sostenitori dei progetti che Rerum porta avanti, sono giovani. Il presente e il futuro di un mondo che ci auguriamo migliore soprattutto grazie a loro. Così concludeva il Papa:

“… Certo, amare, pregare, perdonare, prendersi cura degli altri, in famiglia come nella società, può costare. Può sembrare una via crucis. Ma la via del servizio è la via vincente, che ci ha salvati e che ci salva la vita. Vorrei dirlo specialmente ai giovani, in questa Giornata che da 35 anni è dedicata a loro. Cari amici, guardate ai veri eroi, che in questi giorni vengono alla luce: non sono quelli che hanno fama, soldi e successo, ma quelli che danno sé stessi per servire agli altri. 

Sentitevi chiamati a mettere in gioco la vita. Non abbiate paura di spenderla per Dio e per gli altri, ci guadagnerete! Perché la vita è un dono che si riceve donandosi. E perché la gioia più grande è dire sì all’amore, senza se e senza ma. Come Gesù con noi”.

Abbiamo ricevuto inoltre una lettera di auguri anche da parte di un caro amico di Rerum, don Giovanni Momigli, componente del nostro comitato scientifico nonché direttore dell’ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro della diocesi di Firenze. Ho avuto da lui il permesso di poter utilizzare e pubblicare le sue gradite parole.

Roberto Tietto 

Abbazia di San Galgano (Siena)

Carissimi amici,

abbiamo iniziato questa Settimana Santa con la ritrovata consapevolezza della nostra fragilità e vulnerabilità personale e sociale, dopo che in modo doloroso e drammatico il CoViD-19 ci ha strappato le maschere delle nostre presunte sicurezze, con le quali abbiamo coltivato l’illusione di essere quel che non siamo. 

Il dolore di molte persone, famiglie e comunità a causa di ferite e lutti, domanda umana vicinanza e, nello stesso tempo, ci richiama a una profonda revisione delle relazioni interpersonali e delle priorità nella ricostruzione del tessuto sociale ed economico, coscienti che l’autoreferenzialità di ogni tipo è un’astrazione, giacché tutto è davvero interconnesso.

Le sofferenze, i lutti, le fatiche e i molteplici problemi causati della presente pandemia, che portiamo nella preghiera, ci spingono a un rinnovato e attento ascolto, porgendo l’orecchio del cuore e della mente alla Parola di vita che Dio sempre ci rivolge, anche quando sembra prevalere il suo silenzio.

Ogni giorno seguiamo le notizie sul numero dei contagiati, dei guariti e dei morti, ma occorre anche riflettere sulla morte, per avere uno sguardo diverso sulla vita; per illuminare alla luce della risurrezione sia la vita sia la morte. 

Vivere questo tempo in famiglia con la preghiera, la riflessione e nutrendosi più abbondantemente della parola di Dio, impone una purificazione della nostra fede, rimettendo al centro il suo fondamento e ricercando il senso vero del nostro essere comunità.

Il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, centro di tutto l’anno liturgico, vissuto con celebrazioni senza la presenza di popolo, pur seguite da molti attraverso i mezzi di comunicazione, ci fa prendere coscienza del valore universale proprio della liturgia della Chiesa, indipendentemente dal numero delle persone che fisicamente vi partecipano. E ogni famiglia può anche riscoprirsi o, addirittura, scoprirsi, chiesa domestica, nella certezza, come ricorda Papa Francesco, che «la presenza del Signore abita nella famiglia reale e concreta, con tutte le sue sofferenze, lotte, gioie e i suoi propositi quotidiani» (Amoris Laetitia, 315). 

Il Signore risorto, fonte della vita, sorgente della speranza e radice di ogni vero amore, che si è rivelato a Maria di Màgdala al sepolcro, luogo del dolore e del lutto, in questa Pasqua di pandemia ci conceda la gioia di incontrarlo e di riconoscerlo sentendosi chiamare per nome. 

Buona Pasqua!

Don Giovanni Momigli

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